Per 18 anni gli esseri umani hanno lavorato continuamente sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), per capire ciò che accade ai nostri corpi terrestri a gravità zero. Esiste dunque l’influenza dello spazio sulla salute umana.
I nostri cuori si trasformano in consistenza e forma, riducendo la quantità di ossigeno che il sangue può assorbire e trasportare. Le nostre ossa e muscoli avvizziscono senza sfida gravitazionale. I liquidi corrono verso le nostre teste, aumentando la pressione negli occhi.
Molti di questi sintomi sembrano peggiorare man mano che gli umani rimangono nello spazio. Tuttavia, con le missioni spaziali spesso solo di sei mesi, il modo in cui i nostri corpi e le nostre menti si adattano alla fuga spaziale a lungo termine rimane un mistero completo.
Fino ad ora. Questa settimana, un’ambiziosa collaborazione organizzata dalla NASA di oltre 80 scienziati in dieci gruppi ha pubblicato lo studio più completo su ciò che accade agli umani nello spazio e al ritorno al nostro punto blu pallido.
Le notizie sono buone. Nel complesso, i dati “hanno dimostrato a livello molecolare la resilienza e la robustezza di come un corpo umano si è adattato all’ambiente spaziale”, ha affermato Jenn Fogarty, capo scienziato del Programma di ricerca umana della NASA. Questo studio è stato un trampolino di lancio per la futura ricerca spaziale biologica incentrata sui cambiamenti molecolari e su come essi possano prevedere la salute e le prestazioni degli astronauti.
I risultati effettivi non sono nemmeno le parti più impressionanti dello studio. Piuttosto, il tour-de-force tecnico si distingue nella sua portata e materie di studio.
Per 25 mesi, i team hanno esaminato gli astronauti prima, durante e dopo un anno di volo spaziale. Analizzando più punti temporali, sono stati in grado di costruire “film” in stop motion che tracciano nel tempo i cambiamenti nella loro biologia in modo dettagliato. I risultati coprono quasi l’intero spettro della biomedicina: a livello micro, dall’espressione genica, dal danno al DNA e dal metabolismo cellulare ai cambiamenti nel microbioma e nel sistema immunitario; a livello macroscopico, sposta la cognizione, il peso corporeo, la vista e le funzioni cardiovascolari.
Segna la prima volta che la NASA esamina più livelli di dati biologici, o “multi-omici” per i viaggi spaziali. Ma forse più unici erano i soggetti dello studio: gli astronauti Scott e Mark Kelly , un paio di gemelli identici. Sebbene Mark avesse precedentemente trascorso brevi periodi nello spazio, è rimasto sulla Terra per tutta la durata di questo studio. Mentre Scott ha trascorso 340 giorni sulla ISS. Poiché gli astronauti condividono lo stesso progetto genetico di base, gli scienziati hanno avuto un’eccezionale opportunità di mettere in evidenza l’effetto del viaggio “spazio”.
Alcuni dei cambiamenti erano attesi: quelli coinvolti nella riparazione ossea e nella riparazione del DNA, ad esempio, mantenuti anche dopo che Scott era tornato sulla Terra. Suggerendo che il suo genoma era relativamente instabile. I team hanno anche trovato cambiamenti nei suoi geni mitocondriali, che potrebbero controllare il modo in cui le cellule generano energia, oltre a diversi geni relativi al suo sistema immunitario. Non è chiaro se questi cambiamenti genetici abbiano effettivamente influenzato il suo sistema immunitario; un vaccino antinfluenzale somministrato a Scott nello spazio ha funzionato come previsto.
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