Allergia alle arachidi: sta per arrivare il vaccino
L’allergia alle arachidi è una delle più comuni in tutto il mondo. Le persone che ne sono affette evitano con grande attenzione questo cibo, dato che può bastare una sola arachide per scatenare reazioni cutanee in tutto il corpo, fino a dei veri e propri “shock”. Da tempo si cercano soluzioni ancora più efficaci per combattere questa allergia, e stando a quanto emerso nelle ultime ore ci sono delle novità importanti.
Allergia alle arachidi, sviluppato un possibile vaccino “sublinguale”
L’Università della Carolina del Nord ha infatti sperimentato un vaccino composto da una quantità molto piccola di proteine di arachidi liquefatte che garantirebbe la protezione da reazioni allergiche – anche molto gravi – causate dalle contaminazioni.
Per scatenare una grave reazione allergica possono bastare appena 100 mg di proteina di arachidi: è quanto sottolineato da Edwin Kim, un ricercatore che ha condotto lo studio sul vaccino. Kim ha precisato che la soluzione sperimentata dal team dell’Università statunitense non consentirà di poter mangiare arachidi senza soluzione di continuità, ma quantomeno riuscirà a tenere le persone al sicuro dalle piccole esposizioni nascoste che potrebbero verificarsi all’interno di alimenti confezionati, ma anche in ristoranti o locali.
Il 67% dei pazienti non ha avuto effetti collaterali
Le modalità immunoterapiche studiate dall’Università della Carolina del Nord sarebbero in tutto tre. La prima consiste in un cerotto da applicare sulla pelle in modo tale da rilasciare una piccola quantità di proteine di arachidi: la possibilità che la Food and Drug Administration la reputi una soluzione valida è piuttosto alta.
La seconda modalità consiste nell’immunoterapia orale, mentre la terza è di fatto una terapia sublinguale, ovvero delle gocce sotto la lingua che fungerebbero da vaccino per l’allergia. Il 67% dei pazienti che sono stati oggetto di questo studio hanno mostrato una tolleranza di almeno 750 mg di proteina di arachidi senza gravi effetti collaterali, mentre circa il 25% è riuscito a tollerare una quota di 5.000 mg.