L’infarto può essere favorito dalle condizioni meteo
Una ricerca ha evidenziato la connessione tra il rischio di infarto e le condizioni del meteo: questa scoperta offre un ulteriore spunto per la prevenzione contro questa patologia cardiaca.
Lo studio
Lo studio che ha messo in evidenza la correlazione tra il rischio di infarto e le condizioni meteorologiche è stato pubblicato sull’International journal of cardiology ed è stato ripreso anche da Quotidiano Sanità.
Lo studio, durato cinque anni, ha visto la collaborazione anche dell’unità operativa complessa di cardiologia dell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, diretta da Francesco Versaci.
Lo stesso Versaci dirige anche uno dei maggiori centri italiani per la cura dell’infarto tramite la tecnica dell’angioplastica coronarica.
La ricerca è stata portata avanti su oltre 5000 pazienti che hanno subito un infarto e che sono stati curati negli ospedali di Latina, al Policlinico Tor Vergata e al Cardarelli di Campobasso.
I risultati della ricerca
Durante lo studio, è stata analizzata la correlazione tra infarto Stemi, cioè la completa interruzione del flusso sanguigno, e alcune variabili climatiche (come temperatura, umidità, pioggia, pressione atmosferica) fornite dal Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare di Pratica di Mare.
Da questa analisi si è evidenziato come il rischio di infarto dipenda anche da tali variabili climatiche.
Versaci, infatti, ha dichiarato che basse temperature, maggiore umidità e giornate meno piovose in inverno e temperature più elevate in estate aumentino la probabilità che si verifichi un infarto.
L’esperto ha continuato dicendo che proprio le repentine riduzioni della pressione atmosferica possono evidenziare, anche con molti giorni di anticipo, una maggiore incidenza di infarto in tutte le stagioni dell’anno.
Riuscendo a prevedere con anticipo i giorni in cui è più probabile che si verifichino episodi di infarto, è possibile “escogitare” delle nuove strategie terapeutiche da utilizzare sui clienti, aumentare la prevenzione dei soggetti più a rischio e migliorare, in generale, tutta l’organizzazione del sistema d’emergenza sanitaria.