La percentuale di balbuzienti in Italia è in aumento negli ultimi 10 anni
Negli ultimi 10 anni la percentuale di balbuzienti in Italia è aumentata. L’attenzione maggiore verso questo disturbo del linguaggio ha fatto emergere un aumento dell’8% di persone affette da balbuzie nel nostro Paese. Tuttavia, l’indagine ha rilevato che si interviene in età pediatrica, e quindi prima dei sette anni, è possibile recuperare la fluidità di linguaggio nel 75% dei casi.
Il 17% dei bambini italiani ha problemi nel linguaggio
Già in età adolescenziale è più difficile arrivare ad un pieno recupero, anche se si possono comunque ottenere grossi miglioramenti. In età adulta, invece, si può fare ben poco, dato il tempo prolungato di “convivenza” del soggetto interessato con il disturbo del linguaggio.
Sempre stando allo studio, la balbuzie colpisce all’incirca l’1% della popolazione mondiale, ed è presente in tutte le etnie e in ogni cultura, senza distinzione di età. In Italia, il 17% dei bambini presenta dei problemi relativi alla balbuzie, con maggiore incidenza nei soggetti di sesso maschile.
Come riportato dal quotidiano “La Repubblica”, i dati emersi nell’indagine verranno presentati in occasione del primo convegno italiano sui disturbi della fluenza verbale, che si terrà a Calenzano in provincia di Firenze il 25-26 ottobre con il patrocinio della Federazione Logopedisti Italiani (FLI), del Dipartimento di Scienze Chirurgiche dell’Università di Torino e della Sapienza Università di Roma.
I balbuzienti sono più a rischio bullismo
Durante l’evento saranno presentate anche le prime linee guida europee sulla balbuzie, curate dall’associazione dei logopedisti olandesi (NVLF), elaborate da un gruppo multidisciplinare e tradotte anche in italiano.
Una problematica, quella del disturbo del linguaggio, che va necessariamente affrontata anche per evitare che i soggetti colpiti possano essere vittime di maltrattamenti: nello studio è infatti stato appurato che i giovani affetti da balbuzie hanno il 68% di rischio in più di essere “bullizzati” e discriminati rispetto ai coetanei normofluenti.