Sclerosi multipla: scoperta una terapia che riduce notevolmente la progressione della malattia
Secondo gli ultimi studi una nuova terapia per la sclerosi multipla sarebbe in grado di ridurre notevolmente la progressione della malattia.
Si tratta ovviamente di una scoperta importantissima, dal momento che la sclerosi multipla è una malattia dagli effetti irreversibili.
Sono state fatte incredibili scoperte per quanto riguarda la sclerosi multipla e le terapie per poterne contrastare la progressione. Dopo diversi test si è riusciti a trovare un particolare trattamento che sembra rallentarne notevolmente l’attività. I risultati di questa ricerca sono stati recentemente resi noti al 30esimo Congresso del Comitato Europeo per il Trattamento e la Ricerca nella Sclerosi Multipla.
Sclerosi multipla: cos’è e come progredisce
La sclerosi multipla – come spiegato ampiamente sul sito dell’AISM (Associazione italiana sclerosi multipla) – è una patologia caratterizzata da una reazione anomale delle difese immunitarie, le quali attaccano alcune componenti del sistema nervoso centrale come se fosse un agente esterno.
Proprio a causa di questo meccanismo la malattia è definita autoimmune e i danni che comporta possono essere piuttosto elevati. Ad oggi non esiste una cura definitiva, ma ci sono diverse terapie che possono rallentare la progressione della patologia ed evitare che la demielinizzazione – ossia il danneggiamento della guaina che circonda le fibre nervose – progredisca troppo velocemente.
Tra le terapie più efficaci studiate di recente una si è rivelata particolarmente efficace ed è stata presentata recentemente al 30esimo Congresso del Comitato Europeo per il Trattamento e la Ricerca nella Sclerosi Multipla – dov’è stato spiegato nel dettagli anche il suo funzionamento.
Sclerosi multipla: il trattamento che rallenta la progressione della malattia
Al suddetto congresso è stato rivelato che una terapia a base di ocrelizumab è in grado di rallentare notevolmente la progressione della sclerosi multipla – fenomeno riscontrato nel 77% dei pazienti sottoposti al test.
Quest’ultimo è stato effettuato su un campione di pazienti che non aveva ancora ricevuto alcun trattamento prima. I risultati sono stati a dir poco sorprendenti perché, a due anni si è raggiunta l’assenza di attività della malattia.
I test sono stati condotti anche su donne in stato interessante – essendo la categoria femminile purtroppo più colpita dalla malattia – ed è stato riscontrato che non ci sono aumenti di esiti negativi nemmeno in questo caso.
Si tratta insomma di un importante punto di svolta per la ricerca, considerato soprattutto che al momento si tratta di una patologia considerata irreversibile, per cui non curabile ma che è possibile rallentare.