Sul fronte diabete arrivano notizie decisamente positive, un nuovo farmaco rivoluzionario aiuterà a gestire meglio la causa della malattia.
Si tratta di un medicinale che agisce in maniera del tutto diversa da quelli già noti e che quindi potrebbe essere in grado di migliorare notevolmente la qualità della vita di moltissimi soggetti.
Arrivano ottime notizie anche per quanto riguarda il diabete, che in un futuro non troppo lontano potrebbe essere decisamente più semplice da gestire. I ricercatori hanno infatti condotto degli studi per un nuovo farmaco che agisce in maniera del tutto diversa dal solito, permettendo di aggredire la patologia ancor prima della sua manifestazione completa. Cerchiamo di fare chiarezza sullo studio condotto e su come agisce il farmaco.
Nel diabete di tipo 1 – a tutti gli effetti una malattia autoimmune – il sistema immunitario aggredisce erroneamente le cellule del pancreas responsabili della produzione di insulina, trattandole come fossero dei batteri o virus; questo comporta una mancanza di produzione dell’ormone, essenziale per regolare i livelli di glucosio nel sangue utilizzando lo zucchero per produrre energia.
Per poter porre rimedio i pazienti affetti da questa patologia assumono costantemente insulina per iniezione o infusione. Questo da oggi potrebbe cambiare radicalmente, dal momento che è stato scoperto un farmaco in grado non di intervenire sui sintomi della malattia quanto sulla causa appena descritta.
Essendo così particolare l’effetto di questo farmaco, logicamente le sue modalità di assunzione sono altrettanto specifiche. Cerchiamo dunque di capire come potrebbe cambiare la gestione di questa malattia grazie al nuovo farmaco studiato dai ricercatori.
Come anticipato il farmaco studiato di recente dai ricercatori – il teplizumab – agisce sulle cause del diabete di tipo 1 e non sui sintomi. Questo implica che è in grado non di tenere a bada la malattia una volta manifestata, ma di ritardarne l’insorgenza nei pazienti a rischio per ben due anni.
Un ritardo che i medici definiscono significativo, che permetterebbe anche di essere più protetti dalle complicazioni come le malattie renali o oculari. Senza contare che questo permetterebbe loro di non dover monitorare quotidianamente la glicemia o di assumere frequentemente l’insulina in quell’arco di tempo.
Una ricerca senza dubbio eccezionale, soprattutto se si considera che spesso il diabete di tipo 1 si manifesta in giovane età e che dunque lo stile di vita del paziente inizia ad essere condizionato molto presto. Ovviamente, come si può intuire, ancor più della diagnosi precoce è essenziale poter individuare i soggetti a rischio ancor prima che la patologia si manifesti e che il sistema immunitario comprometta le cellule del pancreas.
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