Nelle ultime settimane sono stati moltissimi i casi di virus respiratori che complisce principalmente i bambini, ecco perché.
Sembra che i numeri siano addirittura più preoccupanti rispetto all’inizio della pandemia da Covid-19, per cui è scattata l’allerta.
All’inizio della stagione delle influenze gli esperti ci avevano messo in guardia spiegandosi che quest’anno avremmo avuto a che fare con virus particolarmente aggressivi e che quest’anno ci avrebbero trovato particolarmente esposti.
Una situazione, purtroppo, che si è verificata soprattutto a scapito dei più piccoli, che nelle ultime settimane sono stati colpiti dal virus respiratorio sinciziale, che provoca sintomi abbastanza gravi. Cerchiamo di fare luce sul motivo per cui la fascia di popolazione più colpita è quella più giovane e cosa possiamo fare per prevenire il problema.
Insomma, gli esperti ad inizio stagione ci avevano avvisato che quest’anno non solo l’influenza sarebbe stata particolarmente aggressiva e contagiosa ma che, a parte il Covid, avremmo avuto a che fare con altri virus che provocano sintomi piuttosto severi e che dunque avremmo dovuto prestare particolare attenzione.
Una situazione che purtroppo ha già iniziato a verificarsi, non solo perché l’influenza australiana ha già provocato un picco notevole di casi, ma anche perché sono stati già molti i soggetti colpiti anche dal virus respiratorio sinciziale, che colpisce principalmente i bambini e causa bronchioliti e polmoniti. Ma perché quest’anno ci sono così tanti piccoli colpiti dal virus? Gli esperti hanno individuato almeno tre motivazioni, che in questo momento stanno cercando di approfondire con ulteriori studi.
Secondo la prima ipotesi, si è verificata una mancata esposizione delle donne incinte al virus respiratorio sinciziale (RSV) e questo avrebbe causato la scomparsa degli anticorpi utili contro questo virus, i quali dunque non sono stati trasmessi ai neonati attraverso l’allattamento. Altri studi hanno invece posto l’accento sul fatto che il Covid possa causare immunosoppressione transitoria nei soggetti colpiti e che questo possa causare la diffusione di patologie come l’RSV.
Infine la terza motivazione, più volte utilizzata dagli esperti per descrivere il quadro attuale, prevede che la maggior parte dei cittadini nel 2020-21 non sia stato esposto ad alcun virus perché soggetto alle restrizioni anti-Covid e che dunque vengano a contatto solo con il virus respiratorio sinciziale sommandosi ai casi stagionali.
È stato notato dunque un aumento dei casi soprattutto tra i più piccoli, nella fascia di età 1-2 anni (con un numero di casi doppio rispetto agli anni precedenti); i casi per la fascia 0-1 anni, invece, è fortunatamente in linea con quella degli anni precedenti.
Gli esperti, come sempre, sottolineano l’importanza del vaccino in simili circostanze e proprio ora sono al lavoro su un prodotto che possa agire sull’RSV, che ha per altro caratteristiche molto simili a quelle del Covid-19.
Anche se non si è verificato un debito immunitario nelle madri (ovvero la mancata trasmissione degli anticorpi grazie al su menzionato allattamento), una delle soluzioni potrebbe essere proprio pensare ad un vaccino da somministrare direttamente alle madri.
In questo modo, al momento della nascita, il neonato sarebbe più tutelato nei confronti di malattie gravi come il virus respiratorio sinciziale. Secondo Pfizer infatti si osserva un’efficacia dell’81,8% nel contrastare la malattia indotta da questo virus nei primi 90 giorni di vita e del 69,4% fino a 6 mesi.
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