Un cuore artificiale salva la vita di una donna, dove è successo
Una paziente arrivata grave in ospedale è stata salvata da un trapianto di cuore artificiale, ecco dov’è successo.
Una tecnica innovativa ha permesso ai medici di salvare la vita alla paziente, arrivata da loro con un quadro clinico piuttosto complicato.
Un incredibile notizia arriva dal fronte dei trapianti, dove ricercatori sono sempre al lavoro per proporre rimedi via via più innovativi. Di recente una donna era stata portata in ospedale con un quadro clinico a dir poco disperato ma è stata salvata grazie ad un trapianto di cuore artificiale. Cerchiamo di capire i dettagli della notizia e fare luce sul tipo di intervento a cui è stata sottoposta la donna, che aveva già avuto problemi di tipo cardiaco.
Donna salvata da un trapianto di cuore artificiale: i dettagli dell’incredibile notizia
Soltanto qualche giorno fa una donna di circa sessant’anni affetta da una grave cardiopatia, per cui già diversi anni fa aveva subito un evento per impiantare un defibrillatore, è stata portata dal 118 al pronto soccorso dell’ospedale Maggiore, in Emilia-Romagna. Con l’uso della telemedicina gli specialisti sono riusciti ad osservare alcune anomalie nel circuito cardiaco della paziente, per cui hanno inviato aiuto domiciliare per poi trasportarla immediatamente presso la struttura.
Subito dopo un’équipe composta da diversi esperti e diretta dal dottor Gianni Casella, ha eseguito una procedura a dir poco innovativa che ha permesso loro di salvare la vita della donna. Si tratta di un intervento di ablazione transcatetere per intervenire sulle aritmie particolarmente pericolose che non possono essere risolte con terapie farmacologiche.
In poche parole alla donna è stato innestato un piccolo cuore artificiale, che permesso di interrompere i circuiti elettrici di tipo patologico nel cuore della donna – la quale presentava un’elevatissima frequenza cardiaca che non riusciva a tollerare.
L’intervento è iniziato con il posizionamento per via percutanea di un catetere con una turbina di dimensioni ridotte (chiamato sistema Impella) consentito di mantenere in circolazione il sangue anche nel caso in cui il battito cardiaco fosse diventato così rapido da impedire il corretto funzionamento degli organi. Nel frattempo una squadra di elettrofisiologia in due ore ha interrotto l’aritmia maligna mentre la pompa artificiale garantiva la paziente l’adeguato flusso del sangue verso gli organi.