Di recente si è cercato di fare luce sull’alterazione della memoria e della concentrazione che sarebbero stati imputati al Covid.
Fin da subito il Covid ha preoccupato gli esperti non solo per i sintomi manifestati durante il contagio – che all’inizio erano piuttosto severi e riguardavano prevalentemente l’apparato respiratorio – ma anche sugli effetti a lungo temine che i pazienti hanno accusato dopo essere guariti.
In molti casi infatti sono stati lamentati problemi come alterazione della memoria e di concentrazione. Per questo è stato necessario fare luce con uno studio che riguarda gli effetti del virus sul cervello.
I ricercatori dunque hanno scoperto un dettaglio assolutamente impressionante studiando la fisiologia del cervello nei pazienti guariti dal Coronavirus. Vediamo di cosa si tratta.
Dopo i primi mesi di pandemia da Covid a preoccupare maggiormente gli esperti non sono stati solo i sintomi manifestati durante il contagio, ma anche quelli definiti “a lungo termine”. Si tratta di una serie di disturbi che i pazienti hanno riferito di accusare anche molto tempo dopo essere guariti. Non si tratta però di problematiche legate ai sensi ma di problemi piuttosto seri legati alla memoria e alla concentrazione.
Proprio per questo si è rivelato necessario uno studio approfondito sugli effetti del virus sul nostro cervello, come quello di recente presentato dall’Università degli studi di Milano. Una nuova indagine in collaborazione con il Centro Aldo Ravelli della Statale, l’Asst Santi Paolo e Carlo e l’Irccs Auxologico e pubblicato sulla rivista Journal of Neurology.
In questa sede i ricercatori hanno scoperto in circa la metà dei pazienti guariti dal Covid un aumento di amiloide, una molecola tossica che tra le altre cose è responsabile dell’insorgenza dell’Alzheimer. Vediamo dunque cos’ha scoperto nel dettaglio il team di ricercatori.
Lo studio promosso dall’Università di Milano sugli effetti del Covid sul cervello ha dunque evidenziato un aumento di amiloide nei pazienti. Questa ha provocato in circa la metà dei pazienti problemi cognitivi legati alla memoria, alla concentrazione e al linguaggio che prima dell’infezione non avevano mai manifestato. Effettuando dunque una Pet con una sostanza che permette di rintracciare molecole tossiche nel cervello, gli studiosi hanno notato un accumulo di questa sostanza particolarmente elevata nei lobi frontali e nella corteccia cingolata.
L’amiloide, come ha spiegato il direttore della divisione Medicina nucleare dell’Asst Santi Paolo e Carlo, il dottor Luca Tagliabue, è una particolare proteina che accumulandosi nei neuroni provoca un invecchiamento precoce di quest’ultimi e una degenerazione del cervello solitamente associata all’Alzheimer. La domanda che dunque ora bisogna porsi è se nei pazienti Covid c’è da aspettarsi purtroppo la manifestazione di malattie neurodegenerative, per cui saranno necessari altri studi.
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