Fai attenzione ai campanelli d’allarme del tumore ai polmoni, i sintomi della patologia sono assolutamente silenziosi.
Molto spesso infatti quando si ha a che fare con il cancro, soprattutto ai primi stadi, potrebbero non esserci dei sintomi classici oppure essere del tutto asintomatici – il che rende chiaramente più difficile riuscire ad effettuare una diagnosi precoce.
Fortunatamente però ci sono alcuni campanelli d’allarme nel caso della neoplasia ai polmoni che dovrebbero portare il paziente a fare tempestivamente degli accertamenti prima che la malattia progredisca eccessivamente senza lasciare speranza.
Cerchiamo dunque di capire cosa dicono gli esperti in tal senso e cosa è possibile fare per ridurre il rischio di patologia.
Ancora oggi il tumore ai polmoni rappresenta la prima causa di morte per cancro in tutto il mondo occidentale e in Italia ogni anno si registrano circa 35.000 decessi a causa sua. Ciò che preoccupa maggiormente è che ai primi stadi può essere del tutto silenzioso – o, per essere più precisi, asintomatico – per cui avere una diagnosi precoce e aumentare le chance di sopravvivenza può essere davvero difficile.
Ci sono chiaramente dei segnali però che possiamo cogliere come la tosse continua che non passa, la raucedine, ma anche il dolore costante al petto – che però possono anche essere scambiare per un’influenza particolarmente ostica. Ad ogni modo, dal momento che il fumo è uno dei fattori di rischio più grandi, non solo si dovrebbe smettere immediatamente con questo vizio ma intraprendere un percorso di screening come avviene per gli altri tumori.
In realtà, nonostante chiaramente il fumo sia un fattore di rischio altissimo, negli ultimi anni sono stati registrati moltissimi casi anche a causa del maggior inquinamento ambientale e pertanto gli esperti auspicano all’introduzione di percorsi di screening regolari esattamente come si fa con altre tipologie di neoplasie (come il cancro all’utero o alla prostata).
Basterebbe infatti effettuare una tac al torace a basso dosaggio di radiazioni in via regolare – ovvero ogni due anni – per poter aumentare le possibilità di diagnosticare precocemente le neoplasie ancora asintomatiche. In questo caso le chance di successo passerebbero dal 20% al 75-80%, come spiegato dalla professoressa Giulia Veronesi durante un’intervista alla Gazzetta dello Sport.
Ad oggi, per altro, è anche possibile operare questo tipo di patologia con tecniche decisamente poco invasive, come la segmentectomia mininvasiva robotica, per cui le complicazioni dovute alle operazioni sono anche ridotte rispetto al passato.
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