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Il rischio di depressione si può misurare con la frequenza cardiaca

Una scoperta molto interessante quella emersa dallo studio che è stato presentato nel corso del Congresso europeo di neuropsicofarmacologia. Si tratta di un’analisi relativa al rischio di depressione, che potrebbe essere “misurato” in modo efficace con la rilevazione dei cambiamenti nella frequenza cardiaca di un soggetto nel corso di 24 ore di tempo. Questa misurazione potrebbe indicare in maniera precisa se un soggetto ha un maggiore rischio di depressione.

La misurazione della frequenza cardiaca per stabilire l’eventuale presenza di depressione

Lo studio suggerisce che, proprio misurando la frequenza cardiaca per un periodo di 24 ore, è possibile con semplicità stabilire con una certa affidabilità che una persona è depressa nel periodo in cui viene effettuata l’analisi.

Da tanto tempo si pensava che il valore della frequenza cardiaca fosse associato alla depressione, ma fino a questo momento i ricercatori non avevano compreso le associazioni nello specifico tra i due aspetti.

Il ruolo della frequenza cardiaca nel rischio di depressione

Carmen Schiweck, ricercatrice della Goethe University di Francoforte, ha spiegato che sono stati sperimentati due nuovi elementi che possono essere considerati innovativi. Si tratta della registrazione della frequenza cardiaca per diverse ore e poi dell’utilizzo della ketamina antidepressiva.

I ricercatori hanno osservato che in media la frequenza cardiaca a riposo potrebbe subire delle modifiche in modo improvviso e costituire un riflesso del cambiamento di umore.

Gli scienziati nello specifico hanno visto che la ketamina poteva essere utile per comprendere il collegamento tra il battito del cuore e la depressione.